Umbria, tartufi e un territorio da scoprire

Se dici tartufi, dici Italia. Quasi mai pensi al territorio dell’Umbria.
Se dici tartufi, spesso pensi al pregiatissimo tartufo bianco.
Il binomio tra il nostro paese e questo fungo così speciale è scritto nel DNA stesso della penisola e, infatti, il tartufo bianco italiano, il più pregiato, si trova in buona parte d’Italia.
Non è solo appannaggio di alcune località specifiche come Alba e Acqualagna, ma si trova in altri punti del paese.

Compresa la nostra Umbria, compreso il nostro amato territorio nei dintorni di Orvieto.

Abbiamo deciso di raccontare che cosa offre l’Umbria agli amanti del tartufo che vogliono dedicarsi una pausa autunnale con il più prezioso degli aromi e dei sapori.

Quali tartufi esistono e quali si trovano in Umbria?

I tartufi si dividono – semplificando – in due grandi categorie: nero e bianco.

Il nero è più frequente, meno aromatico e meno pregiato, il bianco ha un aroma più intenso, un gusto diverso ed è considerato, per il fatto che è meno diffuso rispetto al nero, il principe, il più pregiato.

Come dicevamo, nonostante si conoscano molto alcuni tartufi in particolare, come il Bianco d’Alba, in Piemonte, e il bianco di Acqualagna, nelle Marche, esistono tartufi pregiati e che nulla hanno da invidiare ai cugini più conosciuti anche in Umbria: nella valle del Tevere, nei territori di Gubbio, della nostra Orvieto, di Città di Castello e Gualdo Tadino il tartufo bianco viene raccolto da ottobre a dicembre.
Tondo, di colore chiaro, con una polpa dal color nocciola al marrone a seconda di quanto è maturo quando viene raccolto: è il tartufo più pregiato, con un aroma inconfondibile, e va rigorosamente consumato crudo.

Di sicuro il tartufo umbro più conosciuto è però il nero pregiato, che viene spesso identificato come tartufo di Norcia o di Spoleto. Si trova lungo il fiume Nera, sulle montagne che circondano Spoleto e sui monti Trevi e Subasio, dai 250 fino ai 1000 metri di altitudine.
Di solito la pezzatura piccola è quella più comune, poco più di una noce, il colore è nero, la scorza rugosa, la polpa nera con striature più chiare. E’ un tartufo che si può anche consumare cotto, senza perdere aroma.

Esistono poi i fratelli minori, lo Scorzone, un nero dal profumo meno intenso che ha la sua varietà anche estiva, utilizzato per salse ed insaccati, e il Bianchetto, che si trova sia in pianura che in montagna, dal colore rossastro e dalla polpa venata, con un odore che sa un po’ di aglio. Meno pregiato del principe bianco, ma ugualmente molto apprezzato.

Quali sono le stagioni del tartufo umbro?

In Umbria il tartufo si raccoglie tutto l’anno, tranne nei mesi di maggio e di settembre, a maturazione completata, altrimenti non avrebbe il classico aroma.

Il bianco di solito si trova da fine settembre a fine anno, il nero da dicembre a marzo, lo scorzone estivo dalla fine di maggio a quella di agosto e l’invernale e il bianchetto dall’inizio dell’anno all’arrivo della primavera.

Potremmo dire che è sempre il momento di scegliere l’accoppiata Umbria/tartufo, perché le occasioni di godere del territorio e di quel che regala in termini di aromi e sapori preziosi non mancano mai.

Come sta cambiando il tartufo con il riscaldamento globale?

La buona notizia, che ci preme dare subito, è che la qualità del tartufo umbro negli ultimi anni non è mai calata, anzi.
La fortuna di questa meraviglia della natura è di avere bisogno di poco per dare il meglio di sé, e finché c’è il giusto apporto di acqua al terreno, il tartufo continuerà ad esserci e a stupire per la sua bontà.

Il problema, figlio del riscaldamento globale, sono gli eventi meteo estremi a cui stiamo cominciando ad abituarci tutti quanti.

Abbiamo chiesto al nostro cercatore di tartufi di fiducia, con un’esperienza di molti anni nel settore, che effetti sta vedendo negli ultimi anni sui tartufi in seguito alle mutazioni del clima.

“Il tartufo non è come i funghi, a cui bastano quindici giorni di pioggia per spuntare. Le spore del tartufo si formano nell’arco di tre mesi, per cui se il terreno non riceve il giusto apporto di pioggia distribuito nel tempo, il tartufo non viene. Per questo la siccità è il grande nemico dei terreni sabbiosi e argillosi umbri, del tartufo, e di tutti noi.

Anche le piogge torrenziali sono un problema, specialmente per il bianco che cresce vicino ai fossi: spesso queste piogge violente fanno franare il terreno, espongono e danneggiano le radici dei pioppi che crescono in quei punti, e impediscono di crescere e svilupparsi alle spore del tartufo”.

Fortunatamente, come dicevamo, la qualità dei tartufi che riescono a crescere non cambia, rimane altissima, ma il campanello d’allarme c’è e va ascoltato.

Il tartufo a Orvieto e dintorni

Non è solo il tartufo umbro ad essere meno conosciuto di altri: volendo potremmo allargare il discorso al territorio umbro, e a particolari zone – come i dintorni di Orvieto – che con il tartufo condividono il destino di trovarsi al di fuori dei percorsi più battuti.

Forse in questo c’entra un po’ – per dirlo con le parole di Sabrina Ceprini, la proprietaria di Altarocca Wine Resort – il carattere degli umbri: “L’umbro è tipicamente schivo, apparentemente non accogliente: questo stride un po’ con il concetto di turismo e ospitalità, ma a volte è proprio questo tipo di autenticità che conquista il visitatore, ormai stanco delle “solite mete” battute dal turismo di massa.”

Il punto di forza dell’Umbria è quello di essere una terra autentica, rimasta fieramente ancorata alle proprie tradizioni, nel bene e nel male.

Il turista che arriva in Umbria (anche italiano, non solo straniero) rimane generalmente sorpreso nello scoprire che Orvieto e il suo territorio sono così ricchi di eccellenze culturali, artistiche ed enogastronomiche.

Qualità: la parola chiave è qualità.

L’Umbria, Orvieto, il territorio circostante, il tartufo umbro offrono esperienze di qualità, hanno parecchio da raccontare, parecchio da far scoprire.
Non occorre molto: bastano pochi giorni per vivere un momento di relax nella natura con il benessere che ne deriva (abbiamo un’offerta specifica per questo ad Altarocca), oppure scegliere di percorrere il territorio con un mezzo come la bicicletta, che rallenta la velocità e permette di scoprire meraviglie uniche (anche su questo abbiamo un’offerta dedicata).

Il tartufo umbro in cucina: a cosa abbinarlo

Con il tartufo, al netto delle differenze tra i bianchi, i neri, e le varianti all’interno delle categorie, c’è una regola non scritta che vale sempre: meno lo si lavora, più naturalmente viene proposto, meglio è.

Questo però non vuol dire che non si possano accostare il sapore del tartufo e altri – a volte imprevedibili – sapori che caratterizzano la nostra cucina, umbra e italiana.

Abbiamo pensato di proporre qualche abbinamento, partendo dall’esperienza del nostro Chef Gian Giacomo Blesio, che cura ogni giorno il menu di Invinum all’interno di Altarocca.

Ecco cosa ci ha detto.

“Il tartufo fresco non è mai uguale a se stesso: a seconda della qualità e della stagione il gusto e gli aromi cambiano.

Il nero è meno intenso, con un sapore più dolce con sentore di funghi e terra, ed è perfetto in abbinamento a carni di manzo e maiale, uova, patate, formaggi freschi, spinaci.

Il bianco invece ha un profumo più intenso con note sulfuree, speziate, di aglio e funghi. Si abbina benissimo con i cavolfiori, le patate, le uova e le carni alla brace. Va lasciato libero, senza mascherarne il sapore.

Ad Invinum, dentro Altarocca Wine Resort, proponiamo il tartufo nero come antipasto, abbinato ad un uovo morbido croccante con crema cacio e pepe e un crumble salato al guanciale, oppure con il nostro classico primo di strozzapreti al tartufo nero con crema di spinacini e burratina di bufala. Proponiamo anche un secondo un po’ “fuori dalle righe”, con un trancio di baccalà in olio cottura accompagnato da schiacciata di patate al finocchietto e tartufo nero.

Il tartufo bianco invece lo proponiamo molto semplicemente con tagliatelle all’uovo mantecate al parmigiano, uova fritte o strapazzate o in abbinamento a tutte le carni alla griglia, dalla tagliata alla costata. E’ il modo migliore, a nostro avviso, per esaltarne il sapore.”

Invinum è il ristorante di Altarocca Wine Resort: il menu è stagionale, segue i sapori della terra che ci ospita, e cambia di frequente.

Abbinare il vino al tartufo: come si fa e come osare

Vino e tartufo si accostano naturalmente, ma non in modo così semplice come potrebbe apparire.
Per riuscire a valorizzare al meglio l’accostamento, magari anche a cena a casa con amici, abbiamo chiesto ad Emiliano Sirchia, direttore di Altarocca Wine Resort, deus ex-machina della nostra cantina e da sempre nel mondo del vino, di raccontarci come si abbinano vino e tartufo nel nostro ristorante.

L’abbinamento – ci ha detto Emiliano – “è frutto di sperimentazione, conoscenza, e valutazione soggettiva: non esiste una regola assoluta per tutti i palati.

Di solito il tartufo si abbina a vini rossi non troppo strutturati, il cui tannino morbido non prevarichi la struttura del piatto e il sapore del tartufo. Ad Invinum, nel nostro ristorante, pensiamo che ci siano alcuni criteri basi di ogni abbinamento vincente, ma siamo convinti che si debba dare spazio alla creatività.

Per questo, abbiniamo spesso al tartufo il Bianco d’Altarocca, uno chardonnay fermentato e affinato in rovere francese: sapido, profumato, di media struttura e complessità aromatica, meglio ancora se evoluto con il giusto periodo di invecchiamento che ne riduce l’acidità. E’ un vino per noi perfetto per il tartufo: non lo sovrasta mai, e lo accompagna con grazia”.